22 febbraio 2017

Mi capitò tra le mani questo cd l'anno scorso...Dato che questa estate tornerà in Italia per dei concerti ho deciso di scrivere le mie opinioni su un disco importante di Eddie Vedder.

In copertina c'era una figura sprecisata sott'acqua, una statua che rappresenta un uomo intento a scrivere qualcosa a macchina nel fondo degli abissi, Il titolo era inequivocabile...Ukulele Songs. Per una volta compri a scatola chiusa sapendo cosa troverai all'interno e già non è poco, poi il suo nome già era una garanzia. Il passaggio tra lo scaffale e la cassa fu immediato.

Scoprì che Eddie Vedder era già al suo secondo disco da solista dopo la celebre discografia con i Pearl Jam. Questo album risale al 2011. Lo incise utilizzando un ukulele baritono (ne abbiamo parlato tempo fa su un apposito articolo legato proprio a questi piccoli liuti).

 

Dopo il  brano d'apertura "Can't keep" (brano già inciso in passato con i Pearl Jam) a mio avviso molto "rock", visto il gran numero di pennate e il "riff" invadente del piccolo liuto si entra nel vivo del disco.

Il secondo brano "Sleeping by myself" una ballata molto riflessiva dove le note e i passaggi negli armonici diventano corpo unico con il testo. Gran bella melodia, bel tessuto musicale che irrompe nell'inciso con queste parole:


...Forever be sad and lonely

Forever never be the same
Oh I close my eyes and wait for a sign
Am I just waiting in vain?...

 

Per sempre triste e solo
Per sempre mai più lo stesso
Chiudo gli occhi
Aspetto un segnale
Sto solo aspettando invano?


Questo brano nella sua semplicità e melodia mi ricorda tante "sad ballad" del sud degli Stati Uniti degli anni '30.

Molto roccheggiante anche la track n. 3 "Without you", mentre, la traccia n. 4 "More than you know" è quasi uno shuffle con tinte bluegrass...


More than you know, more than you know
Lately I find you’re on my mind
More than you know
Whether I’m right, whether I’m wrong
I need you so
More than you know, more than you know

Più di quanto tu sappia 
Ultimamente mi ritrovo a pensarti
Più di quanto tu sappia
Che io abbia ragione o torto
Ho bisogno di te
Più di quanto tu sappia


Canzoni d'amore, amore consumato "on the road", amore rimpianto. Tutto l'album è cucito con i concetti del rimpianto. Con una tristezza consapevole e matura, tipica degli uomini che hanno vissuto la vita fino in fondo.

La quinta canzone "goodbye" sembra quasi registrata al volo, sembra di avere la sensazione di un musicista che abbia fretta di registrare avendo paura di dimenticare di dire cose importanti.

La sesta canzone "Broken heart" resta secondo me il piccolo capolavoro del disco. Il titolo già è tutto un programma...


Don’t mind me, just let me be
My eyes so far away
I don’t need no sympathy
The word gets overplayed

I’m alright, it’s just tonight
I can’t play the part
I’m alright, it’s alright
It’s just a broken heart

Don’t have eyes for the world outside
They’re closed and turned within
Trying to find the light inside
It’s there, yet growing dim

I’m alright, it’s just tonight
I can’t play the part
I’m alright, it’s alright
It’s just one broken heart

Non fare caso a me, lasciami stare
I miei occhi così distanti
Non ho bisogno di simpatia
La parola viene enfatizzata

Sto bene, solo che stasera
Proprio non riesco a recitare la parte
Sto bene, va tutto bene
È solo un cuore spezzato

Non ho occhi per il mondo là fuori
Sono chiusi e guardano dentro
Cercando di trovare la luce interiore
È lì, ma sempre più fioca

Sto bene, solo che stasera
Proprio non riesco a recitare la parte
Sto bene, va tutto bene
È solo un cuore spezzato


La traccia n. 7 "Satellite" molto ben guarnita di arpeggi e piccolezze dei passaggi con variazioni tra pennate e arpeggio in alcune parti del testo la rendono perfetta. La voce di Eddie in questa canzone raddoppia (viene ricantata all'unisono da lui stesso creando atmosfere più cariche ed energetiche).

Longing to belong "Desidero appartenerti" è la traccia n. 8  dove troviamo non solo il suo ukulele ma anche un Violoncello. La traduzione di questo titolo è molto variegata, qui il discorso di appartenere sfocia nell'appagamento vero e proprio...

Hey Fahkah la traccia n.9 è una semplice esclamazione (e non traduco...), dura pochi secondi che ci proiettano direttamente alla traccia n. 10 You're True. La traccia n. 11 "Light Today" è una vera e propria celebrazione dello stile "Pearl Jam" in versione acustica.

Il brano n. 12 è la cosidetta "Ballad" con la "B" maiuscola. Eddie ricanta all'unisono l'intero brano. "Sleepless night" rappresenta alla perfezione l'intero album.

"Once in a while" è la 13° canzone splendida nella sua semplicità, pennate e melodia. Qui le accortezze non servono perchè questa musica passa ogni frontiera. Pezzi d'amore cantati al vento...


One little thought to me
Though someone else may be
Nearer to your heart

Will you dream of the moments I shared with you
Before we drifted apart
Once in a while

In love’s smoldering embers
One spark may remain
If love still can remember
The spark may burn again

I know that I’ll be contented
With yesterday’s memory
Knowing you think of me
Once in a while

Una volta ogni tanto
Proverai a pensare un po’ a me?
Anche se qualcun altro
Potrebbe essere più vicino al tuo cuore

Sognerai dei momenti passati con me
Prima che ci allontanassimo
Una volta ogni tanto?

Sotto le ceneri dell' amore
Potrebbe restare una scintilla
Se lÂ’ amore ha ancora memoria
Quella scintilla potrebbe riaccendersi

So che sarei contento
Coi ricordi di ieri
Sapendo che mi pensi
Una volta ogni tanto


Il brano n. 14 è un mini "instrumental" di 37 secondi netti, Forse uno studio, forse un' intermezzo...

La traccia 15 presenta una guest artist: Cat Power. Altro "shuffolone" stile sudista prima maniera. Le voci dei due cantanti giocano quasi rincorrendosi.

Il disco si chiude con un classico "Dream a little dream", è la carezza conclusiva del disco.

 

 

 

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icon date 22:07:19 | icon author Dario Aspesani

 Oggi stravolgiamo la nostra ricerca musicale. L’altro giorno abbiamo parlato della frequenza della terra, ora

 ci addentriamo in un mondo inesplorato: parliamo di questa grande scoperta effettuata dalla N.A.S.A.

 tramite Hubble.

Mentre è ancora in corso la conferenza stampa (ore 19,30 orario Italiano) un gruppo di astronomi ha scoperto un nuovo sistema solare formato da sette pianeti con dimensioni paragonabili a quelle della Terra, tre dei quali si trovano in una zona abitabile e che potrebbero quindi ospitare forme di vita. La notizie è stata pubblicata sulla rivista scientifica “Nature” e annunciata oggi stesso dalla NASA e da diverse testate giornalistiche scientifiche. Gli esopianeti sono quei pianeti esterni al sistema solare.  Il nuovo gruppo planetario ha il numero più alto di pianeti con dimensioni paragonabili alla Terra mai scoperto finora, e allo stesso tempo il maggior numero di mondi con un’alta probabilità di avere acqua liquida sulla superficie – come laghi e oceani – che potrebbe avere sostenuto la formazione della vita. Le osservazioni e i dati scientifici sono stati raccolti da diversi telescopi come il Very Large Telescope dell’Osservatorio Europeo Australe (ESO) a La Silla (Cile) e lo Spitzer Space Telescope della NASA, in orbita intorno alla Terra per evitare i disturbi e le distorsioni che si hanno osservando il cielo dal suolo attraverso l’atmosfera. I sette pianeti (ma non si esclude che siano di più) orbitano intorno a una stella piccola e più fredda rispetto al Sole – una “nana rossa” – che si chiama TRAPPIST-1 e che si trova a 40 anni luce dalla Terra (significa che un segnale luminoso emesso dalla stella impiega approssimativamente 40 anni per raggiungerci). Come avviene nel caso di queste osservazioni, i pianeti sono stati chiamati con il nome della loro stella di riferimento, seguiti da una lettera in ordine alfabetico dal più vicino al più lontano; si chiamano quindi: TRAPPIST-1b, TRAPPIST-1c e così via fino a TRAPPIST-1h.

La presenza dei pianeti è stata rilevata con un sistema molto diffuso e perfezionato negli ultimi anni, attraverso un’osservazione indiretta. La tecnica utilizzata è la seguente: si osserva una stella e si rilevano i suoi periodici cambiamenti nella luminosità, che si verificano quando un pianeta passa loro davanti (rispetto al punto di osservazione dalla Terra). Sulla base dei cambiamenti della luce e di altri parametri, gli astronomi possono poi ricostruire molte informazioni sui pianeti determinandone le dimensioni, la composizione e la distanza dalla stella di riferimento.

Con questa tecnica, i ricercatori hanno determinato che almeno 6 pianeti sui 7 rilevati sono comparabili con la Terra non solo per quanto riguarda la loro dimensione, ma anche per la temperatura sulla loro superficie. Inoltre, i dati suggeriscono che i sei pianeti più vicini alla stella siano rocciosi, come il nostro.

 

TRAPPIST-1 ha una massa che è pari all’8 per cento di quella del Sole, con dimensioni paragonabili a quelle

del pianeta Giove, il più grande del nostro sistema solare (il suo diametro è circa 11 volte quello della Terra).

 Nel cielo notturno terrestre, la stella è visibile (non a occhio nudo) nella costellazione dell’Acquario. La stella

deve il suo nome al telescopio Transiting Planets and Planetesimals Small Telescope, sempre a La Silla,

utilizzato per la sua osservazione. È inoltre una vecchia conoscenza di Gillon e colleghi (i ricercatori in

questione), che già nel 2015 avevano rilevato la presenza di almeno tre esopianeti nella sua orbita.

Le orbite dei sette pianeti intorno a TRAPPIST-1 sono relativamente strette rispetto a quella della Terra: inferiori persino all’orbita di Mercurio, il pianeta più prossimo al Sole. Essendo una stella meno calda della nostra, la minore distanza non comporta che il clima sia torrido e insostenibile per la vita su tutti e sette i pianeti. Secondo i modelli elaborati dai ricercatori, TRAPPIST-1c, d ed f ricevono più o meno una quantità di energia paragonabile a quella ricevuta dalla Terra, Venere e Marte grazie al Sole. Potenzialmente tutti e sette potrebbero avere acqua allo stato liquido sulla loro superficie, anche se TRAPPIST-1b, c e d sono forse troppo caldi per averne grandi quantità diffuse in diverse aree. Lo studio è più prudente su TRAPPIST-1h, il più distante di tutti, per il quale si ipotizza un clima troppo freddo per mantenere acqua allo stato liquido in superficie. I tre pianeti con i requisiti più in ordine per essere abitabili sono TRAPPIST-1e, f e g.

La ricerca pubblicata su Nature e annunciata da NASA ed ESO è molto importante perché conferma come, con gli attuali strumenti, sia possibile identificare e analizzare pianeti lontani e che potrebbero ospitare la vita per come la conosciamo. Nei prossimi anni telescopi ancora più potenti, renderanno ancora più semplice l’osservazione di mondi lontani...

per maggiori info vai all'articolo di Emanuele Menietti del sito " il post.it"  clicca qui

Categorie: Politica estera
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icon date 19:45:32 | icon author Dario Aspesani
18 febbraio 2017

 

     A cura di Dario Aspesani

 

  Ho avuto molte richieste inerenti questo tema. Occupandomi di strumenti musicali etnici, ed avendone a disposizione moltissimi asiatici il passo è stato breve.Prima di parlare di strumenti però è giusto fare un breve escursus sulle frequenze delle note.

In natura ogni onda sonora viene misurata in Hetrz (Hz) più è maggiore il valore della frequenza più è acuto il suono dell'onda sonora stessa.

Gli strumenti musicali hanno un'estensione che va dai 42 hz (la nota più bassa del contrabbasso per intenderci) ed arrivano ai 20.000 hz. Chiaramente sopra gli 8.000 hz l'orecchio umano comincia ad avere problemi di ascolto, sopra i 20.000 hz cominciamo a parlare di ultrasuoni e l'orecchio umano non li percepisce affatto.

 

Ogni nota ha una propria frequenza. Qui sotto trovate una tabella (divisa per ottave) di tutte le frequenze di tutte le note.

Una volta chiarito questo concetto possiamo entrare nel vivo della situazione.

Lo standard della maggior parte della musica che siamo abituati a sentire è a 440 Hz (cosi come sono tarati anche tanti accordatori elettronici).
Ci sono studi che dimostrano che il nostro pianeta abbia una vibrazione ad una frequenza diversa, ovvero 432 Hz.

Giuseppe Verdi, nel lontano 1884 lottò per ottenere una regolamentazione per creare un “LA” standard a 432 vibrazioni al secondo (hertz).

Nel 1939, (secondo alcuni) furono i nazisti in Germania a stabilire che la “frequenza standard” fosse 440 Hz. Gli inglesi, infine ufficializzarono tale dato nel 1859 dopo un importante incontro di musicisti.

Altre tesi invece parlano che tale accordatura era già in uso nel 1670 in Olanda e non fu opera di una decisione tedesca e che veniva già utilizzata anche in Italia nel ‘700…

Capite che le tesi su tale diatriba cominciano ad essere molte.

Con la storia, giustamente, ci fermiamo qui.

Attualmente, di norma, tutti gli strumenti vengono accordati considerando il “LA” a 440 Hz.

Alcuni alla cosiddetta frequenza dell’universo (432 hz) ,associano numerosi benefici psicofisici.. possiamo definirlo un “potere curativo“. Le onde sonore, infatti, modificano le caratteristiche corporee quali la respirazione, il battito del cuore, la sudorazione, le onde cerebrali e la risposta neuro-endocrina, stimolando l’equilibrio ed il rilassamento della mente e del corpo. (Teoria molto New Age che non vado a contestare ma che devo per forza di cose citare).

Per mezzo dell’accordatura del LA a 432 si arriva ad un Do di 256Hz, e all’interno di questa scala 8 Hz diventano il 27° sopratono di DO.  Per il principio delle armoniche secondo cui a un suono prodotto si aggiungono multipli e sottomultipli di quella frequenza, anche i Do delle altre ottave cominceranno a vibrare per “simpatia”, facendo risuonare naturalmente la frequenza di 8Hz. Da questo numero (8) alcune teorie sviluppano quanto segue:

8Hz è il “battito” fondamentale del pianeta, noto come “risonanza fondamentale di cavità Schumann”;

8 Hz è la frequenza su cui opera la molecola del DMT, una sostanza allucinogena prodotta dalla nostra ghiandola pineale;

8 Hz sono la frequenza di replicazione del DNA umano e 8 Hz sono anche il ritmo delle onde Alfa del cervello nella quale i nostri “processori paralleli”, o bi-emisferi cerebrali, sono sincronizzati per lavorare insieme;

Dalle leggi di Keplero si sa che l’arrangiamento planetario del nostro sistema solare segue la scala di sintonia DO a 256 Hz, e questi ultimi sono persino un’ottava all’interno del Frattale Triangolare di Sierpinski.

 

Ananda Bosman afferma che la neocorteccia, per il 90% “non assegnata”, viene risvegliata in questa sincronizzazione, operando in tutti i dentriti delle cellule con il flusso massimo di informazioni per quella scala. Le onde di consapevolezza “ordinarie” variano da 14 a 40 Hz. In questo range operano solamente alcuni dentriti delle cellule del cervello che utilizzano prevalentemente l’emisfero sinistro come centro di attività, dove il flusso di informazioni è miliardi di volte più debole. Un po’ come quando si utilizza un vecchio processore 386 comparato ad un Pentium di ultimissima generazione. In altri termini, a 8 Hz ognuno di noi potrebbe operare esattamente come un super-computer.

Alcuni celebri compositori Come Mozart e

il sopra citato Verdi la utilizzavano.

Ai tempi nostri i Pink Floyd  in alcuni album tra cui  “The Dark Side Of The Moon” utilizzarono anch’essi questa accordatura … (ascolta il brano cliccando qui)

Non so dirvi se faccia bene o male sentire musica con il LA accordato a 432 o 440 hz, resto sempre del parere (come i miei amici musicisti) che se un brano è bello sovrasta questi schemi…Però provate, spostate l'accordatura del LA di 8 hz sotto e vedete cosa succede, io ci sto provando ora mentre state leggendo!

 

 

 

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icon date 23:43:39 | icon author Dario Aspesani
13 febbraio 2017

 Giusto in questi giorni è uscito un film sulla piattaforma NETFLIX che mi ha incuriosito.

Trattasi di un film musicale, per certi versi, che diventa commedia tragicomica e per di più ripreso come se fosse un documentario. (Da questa analisi capisco che si possano confondere un pò le idee ma è proprio così).

Nel film, Ricky Gervais riprenderà il celebre ruolo di David Brent, il manager inetto ora ridotto a rappresentante di prodotti per le pulizie, ma che non rinuncerà al suo sogno di diventare una rock star e andare in tour con la sua band. Nel cast troveremo Ben Bailey Smith, Tom Basden, Jo Hartley, Tom Bennett, Andrew Brooke, Nina Sosanya; ma anche Kevin Bishop, Roisin Conaty, Diane Morgan, Ashley McGuire, Alexander Arnold e Mandeep Dhillon. 

Il protagonista, tendenzialmente, è uno sfigato (le gags comiche non mancheranno), con il sogno di diventare una rock star ne combinerà di tutti i colori.

Le canzoni, ben suonate e ben cantate, devo aggiungere, con ausilio di testi comici e di luoghi comuni bistrattati con una finta ingenuità dagli autori, accompagneranno tutta la pellicola per un'ora e mezza.

Il lieto fine non mancherà, ve lo consiglio per passare un pò di tempo in tranquillità e divertimento...non è che sia un must...

Categorie: Film musicali
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icon date 01:38:56 | icon author Dario Aspesani
6 febbraio 2017

 Tra i vari strumenti etnici che ho avuto il piacere di analizzare e studiare in questi anni ve ne è uno in particolare che mi ha sempre affascinato e incuriosito: l'Ukulele.

 

Oggi giorno parlare di Ukulele è diventato molto difficile per via delle varie grandezze e accordature che può raggiungere.

 

Innanzi tutto è uno strumento a 4 corde nativo delle isole Hawaii e poi inserito negli arrangiamenti musicali del nord america già sul finire degli anni 40. Lo troviamo nelle orchestre bluegrass, folk e così via.

 

Il progenitore di tutti resta l'Ukulele soprano, il più piccolo, il capostipite. Da lui ne sono nati molti altri.

I principali quattro sono nell'ordine:

1. Ukulele Soprano

2. Ukulele Concerto

3. Ukulele Tenore

4. Ukulele Baritono

 

Poi ci sono state delle contaminazioni e dalla metà degli anni '50 sono arrivati:

5. Ukulele Banjo

6. Ukulele Dobro

Fresco di Marketing è oggi disponibile anche la versione bass

7. Ukulele basso

 

e circa venti anni fa grazie alla Yamaha è giunto a noi il Guitalele. 

 

 

Adesso parliamo di accordature...

L'accordatura standard per il Soprano, il Concerto e il Tenore è: LA-MI-DO-SOL (il la è la prima corda partendo dal basso e a seguire tutte le altre). Attenzione, questa è l'accordatura più comune poi ce ne sono delle altre. 

L'Ukulele Baritono prende l'accordatura a "piè pari" dalla chitarra, avendo una dimensione di una chitarra classica 3/4 ed è la seguente: MI-SI-SOL-RE (la prima corda partendo dal basso il mi e cosi vià tutte le altre).

L'Ukulele Banjo e l'Ukulele dobro di solito hanno la grandezza dell'Ukulele Tenore pertanto potete utilizzare l'accordatura standard di cui sopra.

 L' Ukulele basso ha le stesse note del basso tradizionale SOL-RE-LA-MI

Discorso a parte devo fare per l'Ibrido di cui sotto...il Guitalele.

Qui chiramente si tiene conto del Diapason (ovvero la lunghezza della corda vibrante tra capotasto e ponte). Chiaramente non potrà avere le stesse note della chitarra perchè ha un diapason più corto infatti l'accordatura risulta essere la seguente: 

LA-RE-SOL-DO-MI-LA ...se andiamo ad analizzare la situazione scopriamo che abbiamo le note che corrispondono a quelle del 5 tasto della chitarra...praticamente il Guitalele rappresenta la nostra chitarra suonata applicando un barrè al 5° tasto.

Automaticamente l'accordo di SOL che andrò ad eseguire con il Guitalele corrisponderà proprio all'accordo di DO della chitarra.

L'Ukulele Banjo e l'Ukulele dobro prendono la loro particolare sonorità dal Banjo e dal Dobro. (Qui più che di grandezze si parla di materiali. Il banjo ha una cassa in pelle e le vibrazioni saranno molto irregolari (tipiche del Banjo stesso) e la versione Dobro avrà come peculiarità il suono metallico tipico della chitarra dobro detta anche resofonica.

Io tra tutti questi ibridi però vi consiglio i primi tre Ukuleli... Il soprano, il concerto e il Tenore, per un semplice fatto: sono quelli i veri Ukuleli con la vera timbrica dello strumento, gli altri sono rivisitazioni con sonorità molto diverse dal padre fondatore l' Ukulele Soprano. 

Sul mercato se ne trova una ottava variazione: il Bambulele chiamato anche Paulele ovvero un Ukulele fatto in Bamboo.

 Alcune fonti parlano del Paulele come primo strumento degli indigeni delle isole, i quali, reperivano più facilmente bamboo stagionato che legno. Forse il progenitore è proprio lui, lascio però il beneficio del dubbio, essendo molte fonti contrastanti...

 

A Londra ho trovato su negozi specializzati anche Ukuleli in plastica, plexiglass ed altri materiali, ma di quelli non ne voglio parlare perchè sono solo delle invenzioni di marketing d'assalto.

Per concludere questa passeggiata, vi lascio un regalino sotto al cuscino...

Le posizioni degli accordi dell'Ukulele nell'accordatura LA-MI-DO-SOL (la mia preferita)

 

Buona musica e occhio all'accordatura!!!

Un abbraccio

Dario

 

 

#ukulele #play #tenore #soprano #basso 

 

 

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icon date 22:19:45 | icon author Dario Aspesani
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